Matteo 8,1-4.
Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva.
Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: «Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi».
E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii sanato». E subito la sua lebbra scomparve.
Poi Gesù gli disse: «Guardati dal dirlo a qualcuno, ma và a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro».
venerdì 26 giugno 2009
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1 commento:
L’impuro per eccellenza, l’escluso da ogni relazione – il lebbroso – si avvicina a Gesù, lo adora (lo porta alla bocca, questo significa adorare), e chiede ciò che lui non si può dare: “purificami”. “Se vuoi”, è la richiesta del lebbroso. Non pretende, attende. È l’atteggiamento di chi si pone nelle mani dell’altro. Si abbandona. Chi pretende, è colui che possiede, padroneggia l’altro. Chi attende è nelle mani di un altro. L’atteggiamento del credente è prima di tutto sentirsi nella mani del Padre. Mani aperte, e braccia tese, capaci di sorreggere.
Il gesto di Gesù è evidente: “tese la mano”, “lo toccò”… il Padre, in Gesù, tocca l’intoccabile. Lo sperimentiamo nella nostra esperienza umana: la madre, il padre, chi ama, tocca tutto del proprio figlio o della persona amata. Il Padre è tale proprio perché tocca con amore la mia miseria: questa è la sua santità. Il Padre non è legge che vieta il male e divide buoni da cattivi. Non è neppure la coscienza che rimprovera. È madre e padre, vicino a ogni bisogno del figlio.
La fede è toccare, meglio, essere toccati da Gesù. Lasciarmi toccare è il primo atto di fede. Lasciarmi toccare dalla sua parola nella mia realtà, anche quando è “impura”. Uscire dall’idea sbagliata che per stare davanti al Padre devo prima essere puro… devo, piuttosto, avere il coraggio di abbandonarmi, attendere…
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