sabato 24 ottobre 2009

Vangelo del giorno 24 ottobre

“Alla radice…” Lc 13,1-9

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».

Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

1 commento:

GiMI ha detto...

A volte capita di dire, di fronte al male di altri, “a me non sarebbe capitato”… sottinteso, perché io sono più attento, più giusto, più scaltro, più prudente, più… Il Vangelo ferma ogni mio ragionamento che mi stacca dall’altro. “No”, è la risposta di Gesù.

Gesù ricorda il bisogno di ciascuno di “convertirsi”, di essere in Lui, di partecipare alla sua vita. Il segreto della vita, secondo il Vangelo, sta nel fare spazio alla presenza di Gesù e alla sua Parola. Il segreto è nella “logica del fico che non fa frutto da tre anni”. Non si tratta di “potare”, ma di lavorare sulle radici, secondo l’accorata supplica del “vignaiolo” che difende e si impegna per il fico: “Lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime”. Lasciarmi “zappare intorno alle radici e concimare” dall’amorevole vignaiolo che crede sempre nella possibilità della pianta. Andare alla radice della mia umanità, senza paura di riconoscere il male che è in me e mi rende incapace di “dare frutto”, che sembra portare alla fine. Gesù mi invita a non temere ciò che non mi piace di me. Mi chiama a lasciarmi lavorare alla radice. La sua Parola è capace di fare spazio e alimentare la mia radice, perché la mia vita produca nuovamente il suo frutto. Non un altro, non abbondante. Il suo frutto, fosse anche uno solo.