Allora gli dissero: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno».
Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».
1 commento:
Stare o meno alla presenza di Gesù è discriminante. Perché porta a una “novità” di vita radicale. La discussione riportata dal vangelo di oggi nasce dopo che Gesù ha chiamato Levi, un esattore delle tasse, tra i suoi discepoli, e ha mangiato in casa sua con “peccatori” ed esattori delle tasse.
La novità di Gesù, per chi come me, è abituato a metterci una pezza, è difficile da accogliere. Sembra sempre di “perdere tutto”, di restare a mani vuote. E poi, perché lasciare quanto ho sempre vissuto per qualcosa di nuovo e rischioso? Levi – l’esattore diventato discepolo di Gesù – è l’esempio di chi mette vino nuovo in otri nuovi. Lascia il suo bancone da esattore – con tutte le sue certezze – e inizia una vita nuova. Con la paura e l’entusiasmo di chi parte. Il coraggio fondato più che sulla propria certezza, sul fatto di avere accanto “lo sposo”, Gesù, con la sua parola. Ascoltare la Sua parola non è semplicemente rammendare la mia vita. È cambiarla. Meglio: lasciarla cambiare. Gesù è per me. Mi da il “vestito nuovo”, “l’otre nuovo”, il “vino novello”… A me chiede il “coraggio” di indossarlo, travasarlo nella mia vita, gustarne il boccato diverso.
Aiutami rendermi disponibile a Te, mia Novità.
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