Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.
2 commenti:
Mi godo lo sguardo di Gesù sui discepoli. È il suo sguardo su di me. Ha da dirmi qualcosa di decisivo per la mia vita. Decisivo e gioioso nello stesso tempo. La salvezza, il regno di Dio è posto nel mio grembo. Sta crescendo dentro e attorno a me. L’accoglienza – o il rifiuto – passa attraverso il farmi discepolo oppure no. Farmi discepolo vuol dire scegliere di avere un maestro. Rinunciare a farmi maestro di me stesso.
Leggere il testo delle beatitudini mi pone seriamente davanti all’alternativa proposta da Gesù: accogliere la salvezza come dono che viene da oltre me o fare di me la mia beatitudine e la fonte del mio bene.
La fatica di mettermi nelle mani di un altro è grande. È la fatica di ogni giorno. Riconoscere che il bene viene dal mio essere debole – povero, affamato, afflitto, perseguitato… – non è scontato e neppure comprensibile. Mi è sempre stato insegnato che il bene viene dal molto, più che dal poco. Dalla capacità di fare: fare opere buone, tante possibilmente, per essere amato, salvato. Invece lo sguardo di Gesù che si alza sui suoi, mi mostra che la Salvezza è “sotto di me”, si è fatta “bassa”, si è “svuotata”, giudicata “infame” e per questo “odiata”. Il mio Bene è “sotto me” e mi chiama a riconoscere che da ciò che sembra umanamente povero – incapace di produrre salvezza – nasce la beatitudine.
Sono parole più grandi di me, della mia intelligenza e del mio cuore. Parole che voglio masticare ogni giorno
Le Beatitudini? Il culmine dell'insegnamento di Gesù, l'annuncio della Nuova Legge... Certo, ma ancor di più la proclamazione, oserei dire, la "descrizione" del nostro Dio. Il nostro Dio è un Dio beato perché è la pienezza, l'Amore, la Trinità, cioè la famiglia. Ancora di più: egli è povero d'amore, ha fame e sete d'amore: ecco perché in Gesù, suo Figlio, egli piangerà, sarà odiato, insultato e cacciato. Eppure anche in ciò egli esulta di gioia, si rallegra perché c'era bisogno della croce, delle lacrime e delle sofferenze di un Dio per invitare l'uomo alla beatitudine divina.
Il nostro Dio è pienezza della beatitudine e della gioia. La nostra vocazione è di partecipare a tale beatitudine, a tale gioia: se davanti a lui noi siamo poveri e affamati, allora la nostra gioia sarà perfetta.
Posta un commento