giovedì 11 giugno 2009

Vangelo del giorno 11 giugno

Mt 5,20-26

Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!

1 commento:

GiMI ha detto...

Una giustizia superiore… fatta di “carità”, di capacità di riconoscere il torto subito ma anche capace di comprendere che chi mi fa del male è una creatura come me. Ingiusta, magari, ma come me. La superiorità del vangelo e della sua giustizia rispetto a me e alla mia giustizia nasce di qui. E non è cosa da poco. Non è facile dire “fratello e sorella” a qualcun altro, è ancora più complicato dirlo a chi mi è ostile ed è ingiusto nei miei confronti.

La giustizia evangelica – e del discepolo di Gesù – nasce dalla fraternità. E questo è talmente importante che posso interrompere il “sacrificio a Dio”, la mia preghiera, il tempo per lui, per andare a dire ad un altro “sei mio fratello”, mi riconcilio con te. Questa è la parola della giustizia evangelica: fratello, sorella… Una parola “scomoda”. Fratello, sorella… vuol dire essere dello “stesso sangue”; cresciuti nella stessa casa; mangiato alla stessa tavola… siamo “diversi” e nello stesso tempo “uguali”. Ci si può disconoscere, ma non si può negare da dove si viene.

Non è possibile alcun gesto di “giustizia nuova” al di fuori di questa verità: tu, proprio tu, anche tu… sei della mia famiglia. Io sono della tua famiglia.

La giustizia fondata sull’amore, nasce dal Padre. Non posso mettermi semplicemente di buona volontà per dire all’altro: siamo fratelli, se prima non mi sento figlio. Se prima non mi abbandono nelle mani del Padre. La carità cristiana “viene alla luce” quando mi sento figlio. Non amo perché sono “giusto”, umano, ma amo perché sono amato; curo perché sono curato; sto accanto perché ho accanto; dono perché mi è stato donato…

È la “giustizia” del Padre che oggi voglio andare a cercare… La cerco riempiendo gli affari di questa mia giornata di una parola nuova: “Padre”… E allora ho accanto a me dei “fratelli”, delle “sorelle”… forse mi saranno tra i piedi: ma sono sempre fratelli e sorelle…