sabato 21 marzo 2009

Vangelo del giorno 21 marzo

Lc 18,9-14

Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

1 commento:

GiMI ha detto...

Una parabola per chi ha “l’intima presunzione di essere giusto e disprezza gli altri”. Non è per quelli che si sentono fatti male ma in fondo in fondo si giustificano. È proprio per chi sente di fare tutto bene. Di metterci impegno e fatica nell’essere giusto. Per chi si guarda e non ha nulla da rimproverarsi… per chi sente che può bastare a se stesso. In fondo, per chi ha fatto della propria “bravura” il proprio salvatore.

Gesù con questa parabola vuole portare i suoi ad andare oltre la giustizia, la vita perfetta secondo le regole, per arrivare all’affidamento totale a Lui e al Padre. Subito dopo questa parabola leggiamo l’invito di Gesù ad un “notabile ricco” che da sempre vive i comandamenti: vendi tutto, dallo ai poveri e seguimi. L’uomo se ne va triste perché aveva molti beni.

Gesù mi invita a lasciare le mie certezze che mi fanno sentire qualcuno, realizzato, uomo dalla schiena dritta… per entrare in rapporto con il Padre della misericordia, l’unico che offre una vita dalla schiena diritta. Il pubblicano “torna a casa sua giustificato”, nuovo, rafforzato…

Riconoscere il mio non bastare a me stesso, alla mia felicità, mi porta verso una vita diversa, nuova. Una vita in cui mi sento figlio e fratello. Una vita in cui mi sento curato e non semplicemente impegnato verso il mio Signore. Una vita in cui mi so guardare con limpidezza, senza false esaltazioni né inutili depressioni. Una vita pacificata. Anch’io torno a casa giustificato. Nuovo. Capace di nuove relazioni e azioni.

Ti ringrazio Signore, perché la mia umanità fragile non mi allontana da te ma mi aiuta ad avvicinarmi e lasciarmi curare da te.